Reichs Kathy - 2013 - Le ossa dei perduti: La serie di Temperance Brennan by Reichs Kathy

Reichs Kathy - 2013 - Le ossa dei perduti: La serie di Temperance Brennan by Reichs Kathy

autore:Reichs Kathy
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Mystery, Foreign Language Fiction, Thriller & Suspense, Foreign Languages, Thrillers, Literature & Fiction, Thriller, Italian
ISBN: 9788817065771
editore: Rizzoli
pubblicato: 2013-10-08T22:00:00+00:00


22

Aprii gli occhi.

Buio.

Tesi l’orecchio.

Silenzio assoluto.

D’istinto mi ero schermata la bocca con la mano per creare una tasca d’aria. E anche l’elmetto era stato d’aiuto. Ma quella piccola bolla di spazio non era sufficiente. Avevo il petto compresso, i polmoni strizzati: troppo per funzionare. Il pesante giubbotto antiproiettile non faceva che aumentare la pressione.

Cercai di respirare. Non riuscivo.

Provai di nuovo: mi mancava l’aria.

Cominciai a provare panico.

Quanto può rimanere una persona senza ossigeno? Tre minuti? Cinque?

Da quanto tempo ero intrappolata?

Non ne avevo idea.

Di nuovo, tentai di inspirare. Di nuovo fallii.

Il cuore mi batteva a mille. Pompando sangue che perdeva subito il poco ossigeno trasportato.

Cercai di spostare la mano dalla bocca. Incontrai una resistenza a pochi millimetri.

L’altro braccio era intorpidito. Non riuscivo a percepirne la posizione. Né quella delle gambe.

Un senso di vertigine m’investì improvvisamente il cervello. Flash dell’ambiente circostante, delle rocce a forma di savoiardi.

Rocce che ora mi imprigionavano come una bara.

Quanti centimetri? Quante tonnellate?

Il panico aumentò. L’adrenalina iniziò a fluire in tutto il corpo.

Respira!

Contrassi i muscoli del collo e delle spalle. Chinai il capo in avanti più che potevo, poi lo rovesciai indietro.

Il cranio mi urtò contro la roccia. Un dolore mi esplose nel cervello.

Ma la mossa funzionò: sentii un sibilo di sabbia che precipitava e avvertii che la pressione sul petto si allentava un poco.

Inspirai lentamente. Il pulviscolo presente nell’aria mi rivestì la lingua, la gola. I polmoni mi esplosero in una tosse abbaiante. Respirai ancora. Tossii ancora.

Il senso di vertigine passò. Il pensiero cominciò a riorganizzarsi secondo schemi coerenti.

Gridare? Ma in quale direzione? Com’ero sdraiata?

C’era qualcuno là fuori? C’era qualcuno ancora in vita che potesse liberarmi?

Battei le palpebre per levarmi la sabbia dagli occhi. E vidi solo un buio color pece. Udii solo quiete. Non una voce, non le pale, nessun movimento.

Di nuovo fui colta dal panico.

Rifletti. Dimentica le macerie, la polvere, il silenzio assordante.

Cercai di ruotarmi verso sinistra. La gamba destra era immobilizzata: sentivo un bordo affilato che mi premeva sul polpaccio.

Tentai di flettere il ginocchio. Una punta arroventata mi lacerò la caviglia.

Cercai di girarmi a sinistra. Non arrivai da nessuna parte: la spalla era schiacciata contro la roccia. Roccia che, qualche momento prima, aveva dominato il cimitero e che ora mi seppelliva come il morto appena esumato.

Rifletti.

Mi obbligai a calmarmi, a regolarizzare il respiro. Forzai il torace, stretto nel pesante giubbotto antiproiettile, a sollevarsi e ricadere.

Dentro e fuori. Dentro e fuori.

Cercai di gridare, ma avevo la bocca troppo secca. Chiamai a raccolta tutta la saliva che riuscivo a produrre e ritentai.

La mia voce suonò attutita, sorda. E da che parte era la superficie? Stavo urlando al cielo o alla terra?

I pensieri si fecero nuovamente confusi. Carenza di ossigeno? O sovraccarico di anidride carbonica? Conoscevo la risposta, un tempo, ma ora non mi veniva in mente.

Domande mi vorticavano frenetiche in testa.

Il colpo di un mortaio? Un missile terra-terra? Lanciato da chi?

Che importava?

Anche Blanton e la Welsted erano rimasti sepolti? E i due giovani scavatori?

Chiusi gli occhi. Udivo solo il sibilo sommesso della sabbia che filtrava nelle fenditure tra le rocce.



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